Il sogno di Chiara

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Con la caduta del muro di Berlino il sistema economico capitalistico e quello comunista hanno lasciato posto ad un mercato globale caratterizzato dalla velocità degli scambi, la produzione è stata spostata verso paesi dove il costo del lavoro è minore, portando così i paesi occidentali a non riuscire ad essere più competitivi su determinati prodotti.
Questo ha comportato all’Italia uno spostamento di grossi blocchi di produzione verso il continente asiatico, creando un impoverimento del tessuto economico.
Vista l’impossibilità di fronteggiare l’abbattimento del costo del lavoro si tenta di puntare ad un’economia tecnologicamente avanzata, basata sulla formazione e sul sapere.
Si assiste in questa fase ad una serie di tagli nel mondo della cultura e dell’istruzione, investimenti che non creano un immediato accrescimento del Pil (l’indicatore di sviluppo del Paese), ma generano effetti altrettanto importanti sull’economia.
Questo governo ha voluto mettere mano ad una riforma sulla scuola che non segue la direzione che ho appena esposto, dove si investe sulla formazione e sulla crescita degli studenti, anzi, devo dire che, con l’aiuto di alcuni insegnanti, mi sono adoperata per valutare gli effetti della riforma sull’Istituto Arzelà, dove studio.
Con la riduzione delle risorse vengono ridotte anche le classi che ora potranno ospitare fino a 31 alunni, contrastando così le norme sulla sicurezza, che ne prevedono un massimo di 25; il bilancio verrà gestito direttamente dal Ministero dell’Economia (quella che sembrava una grande possibilità, l’autonomia gestionale, è stata messa da parte); le ore scolastiche da 50 minuti sono state portate a 60; l’ora a disposizione che veniva data dagli insegnanti non esiste più, perciò in caso di assenza di un docente, gli alunni si ritrovano ad essere smistati in altre classi con una conseguente interruzione dell’attività didattica e, ancora una volta, un’incompatibilità con le norme di sicurezza.
Gli stage che vengono proposti per collegare la scuola con il mondo del lavoro non sono coperti dai fondi stanziati dal Ministero e se sarà possibile accedervi, il merito sarà tutto degli insegnanti che si stanno prodigando per trovare una soluzione.
Per costruire una buona scuola bisogna avere molte risorse e questo non è il caso dell’Italia che si porta dietro da anni il pesante fardello del Debito Pubblico; il governo dovrebbe effettuare scelte strategiche ridistribuendo equamente i fondi ed evitando sperperi.
Mi domando: è preferibile investire il 2% del Pil in formazione che si proietta in una futura crescita delle giovani generazioni o il 2% in armamenti che distruggono l’uomo e il suo ambiente?
Non bisogna guardare solo all’immediato futuro ma avere larghe vedute, le nuove generazioni hanno bisogno di essere valorizzate e solo attraverso un sistema scolastico adeguato riusciranno a farlo.
I giovani sono il futuro, la speranza e demolendo la scuola viene demolita anche la possibilità di invertire la rotta governata dalla crisi.
Chiara Bernardini
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