Centri estivi in Italia: solo 1 bambino su 10 riesce ad usufruirne
La disparità tra nord e sud è il problema più evidente

È iniziata l’estate, ma la maggior parte dei lavoratori andrà in vacanza solo per qualche settimana ad agosto. Questo significa che la maggioranza dei ragazzi e soprattutto dei bambini, che non possono spostarsi autonomamente, rimarrà a casa per la gran parte dei tre mesi fino all’inizio del nuovo anno scolastico. Per fortuna ci pensano i centri estivi a colmare il vuoto delle ore scolastiche…no?
No: infatti secondo una ricerca di Openpolis, solo 1 bambino su 10 viene affidato a un centro estivo. Nel 2021 erano in media 9,1 gli utenti dei centri estivi su 100 residenti tra i 3 e i 14 anni. Ma in questa ricerca (relativa solo alle regioni a statuto ordinario, quindi niente Trentino, Friuli, Valle d’Aosta e Isole) erano considerate anche le attività pre e post scuola, quindi probabilmente la cifra è ancora minore.
Inoltre, dipende molto dalla regione di appartenenza: se al nord i giovani utenti rappresentano il 14,5% e il 12,5%, rispettivamente a est e a ovest, scendendo lungo lo stivale scende anche la percentuale, attestata al 6,8% al centro e a un misero 3,5% al sud. E, purtroppo, la ragione non è che d’estate al centro-sud i bambini vanno al mare. Infatti, trascendendo dal fatto che la maggior parte del territorio non è bagnato dalle onde, “le disparità territoriali e sociali influenzano la disponibilità e la qualità” di centri estivi e doposcuola, si legge su Openpolis. “In alcune zone”, viene spiegato, “spesso quelle più svantaggiate, l’offerta è molto limitata se non inesistente, creando un divario che può penalizzare le famiglie meno abbienti”.
Emilia Romagna e Umbria sono le regioni con l’offerta maggiore di centri estivi e servizi pre e post scuola (15%), seguite da Veneto (14%), Lombardia (13,2%) e Piemonte (12,9%). Il problema è al sud: Calabria, Puglia, Lazio e Campania sono al di sotto della soglia del 5% —in Campania meno di 2 bambini su 100 usufruiscono dei servizi, quasi un decimo in meno della media nazionale.
A livello comunale, conviene vivere in un paesino sotto i tremila abitanti o in una città sopra i 100 mila: questi sono i contesti dove si contano tra gli 8 e i 14 utenti ogni 100 bambini. In tutti gli altri casi, la percentuale è più bassa. Eppure non mancano le eccezioni: Cuneo, comune piemontese di circa 50 mila abitanti, è il capoluogo con più utenti di centri estivi e doposcuola rispetto ai bambini residenti, con la buona metà della sua popolazione infantile che ne usufruisce. Complimenti al comune di Cuneo, quindi, visto che i centri estivi sono organizzati principalmente dai comuni in collaborazione con associazioni sportive o culturali.
La possibilità di partecipare ai centri estivi dovrebbe essere garantita a ogni bambino e bambina: non si tratta solo di luoghi in cui le famiglie possono lasciare i propri figli al sicuro mentre sono al lavoro, ma anche di occasioni per i bambini di socializzare, di imparare cose nuove e magari anche di contrastare la cosiddetta summer learning loss, la perdita di competenze scolastiche durante il periodo estivo —rispetto a cui i famigerati compiti delle vacanze non sembrano un antidoto efficace.