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Referendum abrogativo: potere al popolo o strumento politico?

Ma il referendum abrogativo è davvero uno strumento del popolo? Vediamo insieme cos’è, per cosa si vota l’8 e il 9 giugno e perché dovreste proprio recarvi alle urne

26 maggio 2025di Gaia Canestri

L'8 è il 9 giugno siamo chiamati alle urne per votare un referendum abrogativo su 5 quesiti, 4 riguardanti il diritto del lavoro e 1 riguardante la cittadinanza. A differenza degli altri momenti in cui siamo stati chiamati ad esprimere il nostro parere, come le elezioni, in cui la domanda era "cosa votare?", in questo momento la domanda diventa "voto o no?". Scopriamo insieme perché la politica consiglia l'astensionismo e perché si tratta di una mossa politica che non favorisce affatto la democrazia.

Cos'è un referendum?

Per arrivare a rispondere alla nostra domanda dobbiamo prima capire cosa è un referendum e perché il referendum abrogativo è così particolare. Iniziamo dalla parola "referendum", ovvero quel momento in cui vengono chiamati i cittadini ad esporsi per motivi diversi. Nel nostro ordinamento ne abbiamo 3:

Referendum consultivo: istituto che serve a far esprimere un parere alla popolazione riguardo a determinate tematiche riguardo a regioni ed enti locali.

Referendum approvativo: quello previsto in fase eventuale della revisione costituzionale.

Referendum abrogativo: regolato dall'articolo 75 della Costituzione. Si tratta di uno strumento che prevede il coinvolgimento diretto del popolo con lo scopo di "correggere" una scelta fatta dai rappresentanti. Serve a rappresentare soprattutto la minoranza, la maggioranza infatti dispone già degli strumenti classici di legiferazione. L'iniziativa spetta a 500.000 elettori o 5 Consigli regionali, e presenta degli aspetti molto peculiari che giustificano la domanda: “Perché consigliare l’astensionismo? A differenza degli altri referendum, infatti, quello abrogativo prevede un doppio quorum: in primo luogo è previsto un quorum strutturale, vuol dire il numero minimo di persone che devono recarsi alle urne affinché qualsiasi risultato venga prodotto sia valido, fissato a metà+1 degli aventi diritto. C'è poi un quorum funzionale, il numero minimo di persone affinché prevalga una decisione piuttosto che un'altra, fissato a metà+1 dei votanti.

Ecco che la motivazione dell'astensionismo prende forma: perché impiegare energie in una campagna per convincere i cittadini a votare "no" al referendum quando possiamo consigliare direttamente l'astensionismo? Consigliando l'astensionismo il dibattito tra cittadini si azzera, anche se la maggior parte dei votanti decidono per il "si" il referendum non è comunque valido per mancanza del quorum strutturale. Insomma, la verità è che più facile e meno rischioso; ma decisamente anche meno democratico e poco etico. Vediamo insieme il perché.

Il referendum abrogativo come mossa politica 

"Ho detto Ci penso se andare a votare ma perché ero al Senato e mi ricordavo di essere il Presidente del Senato. -Beh adesso siamo in un teatro però- Io continuo a dire che ci penso, però di una cosa sono sicuro: farò propaganda affinché la gente stia a casa".

Queste sono le parole di Ignazio La Russa, Presidente del Senato e quindi seconda carica dello Stato (ricordiamo infatti che in caso di assenza del PdR è proprio lui a farne le veci). Non ne faremo una questione di partitica, perché l’astensionismo ai referendum abrogativi non ha partito, è storicamente stata adottata come soluzione di boicottaggio sia dalla destra che dalla sinistra: ricordiamo ad esempio i quesiti del referendum del 2022 promosso dalla Lega e dai Radicali riguardanti la giustizia. In quel caso furono proprio M5S e PD a consigliare l'astensionismo, mentre la Lega, FdI e FI si scagliarono contro l'atteggiamento antidemocratico adottato dall'opposizione.

Le ragioni del l'astensionismo sono prevalentemente di due tipi: in primo luogo votare "si" vuol dire correggere una scelta politica e mandare un messaggio ben chiaro: l'operato dei rappresentanti non è in linea con i cittadini. E non importa che le norme abrogate fossero nate da chi in quel momento è al governo o all'opposizione, ad essere colpito dall'abrogazione secondo l'opinione pubblica è sempre chi in quel momento governa. Ciò accade perché regna la disinformazione polica e la maggior parte delle volte i cittadini sono estranei alla provenienza delle norme abrogate, ciò che rimane è solo un alone di sfiducia nei confronti dei rappresentanti politici attuali. Così i rappresentanti per mantenere alto il consenso e costruire un clima di fiducia che gli permetta di essere rieletti consiglieranno l'astensionismo.

La seconda motivazione, invece, è spesso di carattere ideologico. Analizziamo ad esempio il referendum che voteremo quest'anno: tra i 5 quesiti ce ne è uno in particolare che non si accosta esattamente alla linea di pensiero dei partiti di governo, e parliamo del quesito sulla cittadinanza. Cittadinanza, nazionalismo e migranti sono tematiche calde diventate il cavallo di battaglia della destra attuale; di certo un referendum che sembra agevolare i migranti e chi non è italiano per nascita non va a genio ai rappresentanti politici e neanche ai loro elettori. Ecco svelato il motivo ideologico.

È etico consigliare l'astensionismo?

Non parliamo di qualcosa di incostituzionale, ma quanto meno di poco etico e non democratico. Citiamo in primo luogo l'articolo 48 della nostra Costituzione: Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. Ricordiamo poi l'articolo 67: Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

I nostri rappresentanti dovrebbero accompagnarci verso l'esercizio dei doveri civili, come il voto, qualsiasi siano i risultati, e a prescindere dal loro partito di appartenenza perché la vera vittoria è l'esercizio della democrazia in sè.

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